Intelligente, loquace, culturalmente e artisticamente preparata, Angelica Artemisia Pedatella fa parte di quelle persone con le quali relazionarsi diventa un fatto importante, direi quasi fondamentale per la caratura culturale che risulta sempre significativa. Così come in questa intervista, in cui abbiamo parlato a lungo del suo interessante percorso artistico in cui si denota l’intensa voglia del fare che si interseca al contempo al desiderio di crescere e scoprire nuovi mondi, capaci di coniugarsi sempre all’arte come fulcro di tutto. E mentre in contemporanea abbiamo toccato volutamente anche tematiche filosofiche sulla vita, Angelica Pedatella in questa intervista mette in risalto tutto il suo amore per la sua terra d’origine, la bellissima Calabria, cui è legata artisticamente e umanamente. C’è poi il suo rapporto con l’emozione e l’empatia che cura come fatto essenziale quando recita davanti al suo pubblico. Insomma, un’intervista che consiglio di leggere attentamente perché capace di lasciare traccia di sé.
Dai tuoi libri: “ Il germoglio tra le sbarre” – “Le donne più malvagie della storia d’Italia” – “Il ponte del mare”- e tanto altro della tua letteratura, ad oggi. Cos’è cambiato nella vita personale e artistica di Angelica Artemisia Pedatella?
“La vita è un continuo cambiamento e la sfida è restare sempre uguali a se stessi. È quello che ho cercato di fare. Forse l’evento più importante che ha segnato la mia vita nell’ultimo periodo è la scelta di ritornare a vivere nella mia terra d’origine, la Calabria, per sviluppare qui tutto quello che ho imparato finora. Il vero successo non sono i tappeti rossi e gli onori lontani dalla tua casa, ma saper rendere omaggio al luogo che ci ha generati. Lo considero un grande privilegio. Certo, per tanti la scelta era un azzardo, considerato il lavoro che faccio… Ci sono posti dove il cosiddetto jet set funziona meglio, ma a me non importa. Io voglio essere felice nella mia terra e qui creare bellezza. L’ultimo libro, Ilios. La terra brucia, parla appunto della necessità della verità, racconta le visioni di Cassandra durante la grande guerra di Troia. Cassandra ha amato fino in fondo la sua città e così ci insegna cos’è veramente l’immortalità dell’animo umano.”
Giornalista, scrittrice, attrice, cantante, musicista, regista. In quale di questi ruoli ti riconosci meglio?
“Sono una regista, attrice, musicista e autrice. Mi pare già abbastanza! In realtà ho semplicemente imparato diverse tecniche, dalla musica alla recitazione, alla scrittura e le impiego per dar vita a idee, immagini, narrazioni. Ho scritto sui giornali, ma non sono mai stata giornalista, credo sia un lavoro immenso e fondamentale e che ti assorbe completamente. La mia realtà è invece quella creativa, dei cosiddetti sogni, che poi tanto sogni non sono, perché teatro e audiovisivo – i campi di cui mi occupo – raccontano la vita, la realtà, la storia e le persone e questo credo che sia, insieme all’informazione giornalistica, un essenziale fondamento di ogni civiltà. Senza conoscenza ed immaginazione non si va da nessuna parte, non esiste progresso, il mondo muore.”
La Calabria, la tua terra natia che decanti artisticamente nel tuo viaggio con Mamè. Di cosa si tratta nello specifico?
“Mamè è lo spettacolo teatrale multimediale che parla della vera identità della Calabria, una identità costruita nel tempo dai popoli e dalle etnie che hanno abitato questa terra meravigliosa. In particolare, racconta la storia delle tre grandi identità, o minoranze come vengono definite, linguistiche che caratterizzano la mia terra: i greci di Calabria, gli occitani, gli Arbërëshe. La storia narra di un marinaio incantatore dalla misteriosa identità che giunge sulle coste della Calabria per riappropriarsi del diritto di vivere su questa terra e qui incontra le tre fameliche sirene della tradizione, Partenope, Ligea e Leucosia che proteggono l’entità pericolosa e sconosciuta che chiamano Mamè e che impedisce la vita di tanti che sono naufragati in questa terra. Per costruire questo spettacolo, insieme al team degli artisti che guido, abbiamo viaggiato per tutta la regione, raccogliendo storie, testimonianze, immagini mozzafiato e tutti i materiali necessari alla documentazione e alla costruzione del progetto multimediale. Fin dalle prime tappe ci siamo resi conto che c’era un immenso patrimonio da condividere e a quel punto, insieme a Lorenzo Cardamone, compagno di avventure e fantastico filmaker, abbiamo creato un format dal titolo In viaggio con Mamè grazie a cui abbiamo potuto condividere le tappe di questo viaggio e di questa storia. Così Mamè da semplice spettacolo teatrale multimediale di drammaturgia contemporanea e ricerca storica è diventato un vero e proprio progetto di divulgazione del patrimonio paesaggistico, storico, umano della Calabria che ha dato vita ad un programma culturale più ampio che chiamo Rinascimento calabrese e che, grazie a Mamè, sta prendendo vita velocemente.
Come nasce l’idea, a un certo punto della propria carriera, di abbracciare mondi che pur riconoscendosi nell’arte hanno pur sempre percorsi teorico pratici dissimili?
“L’arte è vita. La vita condivide con l’arte il processo creativo, psichico, spirituale di percorso verso la felicità. Non esiste una scissione. Spesso tale scissione è solo, appunto, teorica. Mi spiego meglio. L’arte, di per sé, è fatta di contenuti immaginativi – idee, storie, percezioni – espressi figurativamente tramite tecniche precise: la parola scritta e recitata, la musica, la regia teatrale, audiovisiva, eccetera. Contenuto e contenitore. Il modo in cui si affinano contenuti e tecniche non sono esattamente definibili. C’è una base più o meno comune a tutti e poi ci sono i corsi di perfezionamento che ti presenta la vita. Perché se è vero che la tecnica per imparare a suonare il pianoforte, come ho fatto, è più o meno codificata, il contenuto della musica è impossibile da definire in un percorso univoco. Stessa cosa per la scrittura. Conosciamo la grammatica, ma saper usare la lingua va ben oltre la mera conoscenza grammaticale, è un universo di significati, di esperienze, di immagini e incontri che rappresenta un patrimonio in continua crescita e meno è decodificato più è ricco ed efficace. Uno dei motivi dei tanti fallimenti che il mondo artistico italiano nei vari campi sta affrontando dipende proprio dall’aver svuotato di contenuti i percorsi artistici, averli dogmatizzati e sistemati in settori gestiti e controllati da un ipotetico show business che di fatto non funziona. L’arte è libertà. Tutti i mondi si riconoscono nell’arte. L’arte è un modo di vivere la vita e raccontarla agli altri, perché tutti si uniscano in una percezione entusiasmante che affratella.”
Cinema, teatro, testi da scrivere, prove da ripetere per offrire al pubblico un prodotto qualitativamente valido. Un sacro fuoco che arde sempre in te con nuove idee da applicare in ciò che fai per migliorarti, cambiare e scoprire qualcosa di nuovo. È quasi una continua ricerca di confrontarti con te stessa. È così ?
“Non saprei vivere diversamente. Confrontarmi con me stessa è scendere nel mistero del mondo. Prima credevo di dover trovare fuori qualcosa che mi entusiasmasse… Ad un certo punto ho capito che ciò che succede fuori è una strada per scendere dentro di noi: è lì che si vive l’avventura più incredibile. Certo, ci sono mostri e sirene da combattere, come dice un testo che amo molto del poeta Kavafis, Lestrigoni e Ciclopi sono temibili solo se li portiamo dentro… e dentro ognuno di noi c’è qualcosa da combattere. L’arte mi ha dato la strada da percorrere per essere felice e scendere dentro me stessa. Non ho paura delle continue sfide, ho scelto questa vita, l’ho scelta così, difficile e bella. Ho preferito creare in un luogo selvaggio come la terra in cui sono nata piuttosto che altrove, dove tutto era esteriore e non stavo facendo il mio viaggio. Credo che la vera felicità sia per ognuno scoprire dove si trova la strada da intraprendere, questo è il fuoco sacro che c’è. Sono una entusiasta, con una energia quasi inesauribile, non mi fermo facilmente, se non quando qualcosa mi toglie il fiato e resto lì a guardarla. In fondo, la vita è molto più semplice di quel che ci fanno immaginare: è quel sentimento di poter spiccare il volo ogni momento e la capacità di sorridere a tutto.”
Angelica, più volte ti abbiamo sentito recitare l’amore come unico vero significato della vita. In questo tempo di guerra in cui i valori di pace e fraternità vacillano sotto l’effetto della brutale forza bellica, tu come lo stai vivendo?
“Continuo a fare ciò che ho sempre fatto e che continua ad essere necessario: cerco bellezza, do amore. Amo le persone e tutto ciò che incontro, profondamente. Gli uomini non hanno mai smesso di fare la guerra, alcune volte tirano fuori le armi, altre le tengono un momento silenziate, ma fondamentalmente la vera pace la conoscono davvero in pochi. Ho questa consapevolezza che sembrerebbe amara, certamente, però anziché crearmi tristezza, determina in me una voglia ancora più determinante di fare la mia personale battaglia contro tutto ciò che è violento, mostruoso, disumano. La guerra ognuno di noi la può combattere nel piccolo spazio del quotidiano e se imparassimo a promuovere la pace nelle nostre piccole vite, tutto questo si ripercuoterebbe anche a livello mondiale. La verità è che preferiamo vedere la guerra sempre fuori da noi, lontana e frutto di responsabilità altrui. Non è così. Tutti siamo sempre responsabili e questo è complesso da capire. Ogni giorno, ogni momento alimentiamo guerra o pace. Questa è la lezione che dovremmo apprendere ma che ci sfugge. Sono sempre sconvolta dal dolore degli altri e sono convinta davvero che l’unico modo per vivere è amare la vita, amare le persone, amare ciò che abbiamo intorno. L’amore è un sentimento talmente personale che non si spiega, si manifesta. È quando non lo manifestiamo che arriva la guerra. Come la vita, anche questo è più semplice di quel che vogliono farci credere. Siamo tanto istruiti in un mucchio di cose ma ancora così profondamente ignoranti della vita… La sfida continua tra bene e male in questo momento si fa ancora più chiara e mi rende consapevole di quanto siamo fragili noi esseri umani.”
Emozione ed empatia. Chi vive di arte e spettacolo dice che sono due ingredienti necessari per avvicinarsi al pubblico. Sono sentimenti che provi anche tu, quando pubblicamente reciti la tua arte?
“Assolutamente sì. Chi fa arte racconta attraverso le emozioni, poiché il vero strumento comunicativo tra le persone sono le emozioni. Il cervello razionale in realtà è molto stupido. Sa fare poche cose, è ripetitivo. È il mondo delle emozioni, dell’intelligenza emotiva, che crea veramente le dinamiche di relazione tra le persone. Ovviamente per accedervi avere la capacità di entrare in contatto con gli altri, l’empatia, è essenziale. Una persona poco empatica non ha gli strumenti per narrare, per entrare in contatto con gli altri. Quando sono di fronte al pubblico mi sembra semplicemente di voler bene a tutti. Mi piace raccontare e condividere tutte le esperienze interiori che vado sperimentando nella vita. Gli artisti in fondo devono semplicemente far questo, vivere e condividere quelle avventure folli emotive che vivono.”
Meglio la macchina da presa o il palcoscenico di un teatro?
“Meglio la bellezza. Non faccio distinzione. Sono due fatiche diverse ma ugualmente entusiasmanti. Dipende da come le si vive. Certo, l’emozione del palcoscenico è molto più vicina alla vita, poiché si deve ripetere di continuo e va ricreata sera dopo sera, usi il corpo, senti dal vero tutto. L’audiovisivo è una esperienza viva che poi resta impressa lì, sullo schermo. La rivivi certamente perché la vita in fondo è emozionale prima che fisica. Non credo che ci sia qualcosa migliore o peggiore. Dipende dai momenti che viviamo, da ciò che scegliamo di raccontare, dalle condizioni in cui ci troviamo a operare. Ad ogni modo, il teatro è la madre di ogni rappresentazione e anche del mondo cinematografico. Probabilmente è tutto solo teatro. Cambia semplicemente il punto di vista dello spettatore.”
Per finire Angelica, quali sono i tuoi programmi per il futuro?
“Se la vita mi permettesse di continuare a portare avanti i progetti che di volta in volta si rendono necessari con le meravigliose persone del team BA17 che abbiamo formato e che rappresentano per me una vera seconda famiglia, credo che non potrei sentirmi più fortunata. Stiamo cercando insieme di scrivere una nuova pagina della narrazione sulla Calabria, provando a raccontare un mondo meraviglioso ed entusiasmante, dove tutte le brutture e lo sconforto vengono cancellati dalla nostra voglia di fare e di crescere. Incontro quasi tutti i giorni persone meravigliose che con lo stesso entusiasmo cercano di fare del loro meglio nel luogo in cui si trovano. Vengo a contatto con angoli di Paradiso e ho francamente imparato che il programma migliore è non avere un programma, ma lasciare che la vita ti travolga con le sue proposte e le sue improvvise necessità di narrazione. Io resto qui ad ascoltare le storie che vuole raccontarmi e poi a condividerle con le persone. Non conosco un modo più incantevole per vivere. La gente si racconta storie intorno al fuoco dall’inizio dei millenni e così si sono formate le famiglie e sono nati i grandi amori. Voglio semplicemente continuare ad essere felice così e ad affrontare ogni altra sfida, difficile o insidiosa che sia, senza smettere di sentire la presenza delle persone a cui voglio bene con tutta l’anima.”
Salvino Cavallaro